Chirurgia della mammella

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Il trattamento chirurgico è il trattamento di base nella chirurgia della mammella per le patologie neoplastiche. Esistono però delle controindicazioni a questo trattamento legate alla estensione della neoplasia. È evidente che in presenza di lesioni metastatiche ai linfonodi sopraclaveari o peggio a distanza (fegato, ossa, polmoni, etc.) un intervento radicale sia inutile.
Nella maggior parte dei casi però è possibile trattare chirurgicamente la lesione.

Principali tecniche chirurgiche per la chirurgia della mammella:

Le tecniche chirurgiche utilizzate nella terapia del carcinoma della mammella si possono ridurre schematicamente a quattro:

a) mastectomia radicale secondo Halsted: consiste nella asportazione della mammella dei muscoli grande e piccolo pettorale e dei linfonodi ascellari in un unico blocco (fig. 12.1).

tecnica di asportazione neoplasia mammella secondo Halsted
Incisione cutanea secondo Halsted

In genere è riservata a forme avanzate con fissazione della neoplasia alla fascia e/o al muscolo grande pettorale o nel trattamento del carcinoma della mammella maschile. Mastectomia secondo patey

Asportazione della mammella,del muscolo grande e piccolo pettorale e svuotamento del cavo ascellare

b) mastectomia radicale modificata secondo Patey: consiste nell’asportazione della mammella, del muscolo piccolo pettorale e dei linfonodi ascellari in un unico blocco(fig. 12.2). I risultati estetici e funzionali sono migliori rispetto all’intervento precedente. Attualmente è la tecnica più usata.

 

mastectomia radicale secondo Patey
Asportazione della mammella, del muscolo piccolo pettorale con preservazione del muscolo grande pettorale e svuotamento del cavo ascellare

c) mastectomia semplice: consiste nell’asportazione della sola mammella senza demolizione dei piani muscolari sottostanti
e senza asportazione dei linfonodi ascellari. In genere è utilizzata nelle persone anziane o in presenza di carcinomi non infiltranti.

d) quadrantectomia con svuotamento ascellare: consiste nella asportazione di una porzione della ghiandola mammaria corrispondente ad un quadrante, unitamente alla cute ed alla corrispondente porzione della fascia del muscolo grande pettorale, in un unico blocco o separatamente (a seconda della localizzazione del tumore) si asportano anche i linfonodi ascellari. escissione quadrantectomiaQuesto intervento va utilizzato esclusivamente nel trattamento di tumori di piccole dimensioni (diametro inferiore a 2 cm) e deve essere seguito da un trattamento radioterapico complementare sul parenchima ghiandolare residuo (Fig. 12.3).

 

 

 

 

 

 

 

quadrantectomia
A) Incisione cutanea
B) Escissione del quadrante ghiandolare sede del tumore e svuotamento del cavo ascellare.

 

 

Trattamento radiante
Questo trattamento è basato sull’uso di radiazioni di alta energia (fotoni, elettroni) e può essere impiegato come trattamento complementare in pazienti sottoposte ad intervento chirurgico oppure in pazienti non operabili, da solo o più spesso associato ad altri trattamenti (chemioterapia ormonoterapia). Infine può essere utilizzato nel trattamento delle lesioni metastatiche, specie quelle ossee.

Trattamento chemioterapico
a) Chemioterapia adiuvante o precauzionale: il carcinoma della mammella non deve essere più considerato una malattia d’organo cioè confinata alla sola mammella ma una malattia che interessa fin dal suo esordio l’intero organismo, in quanto sono state dimostrate cellule neoplastiche a distanza dal focolaio primitivo (ad esempio nel midollo osseo anche in tumori relativamente piccoli).
Questa constatazione ha indotto alcuni Ricercatori a utilizzare farmaci antiblastici subito dopo l’intervento chirurgico per raggiungere queste cellule disseminate nell’organismo e distruggerle prima che inizino a moltiplicarsi. La terapia perciò deve essere iniziata il più precocemente possibile e si devono usare più farmaci associati tra loro (polichemio-terapia); uno schema molto efficace è dato dall’associazione di ciclofosfamide (Endoxan), Methotrexate e 5-Fluorouracile (CMF). Questo trattamento è indicato nelle pazienti con metastasi linfonodali ascellari e i migliori risultati si ottengono nelle donne giovani (in premenopausa) con un buon aumento della sopravvivenza a distanza,

b) Chemioterapia in fase avanzata: la chemioterapia viene utilizzata anche per rendere operabili pazienti che si presentano con malattia avanzata ed anche in questo caso si usa la polichemioterapia, prima e dopo l’intervento. Oltre ai farmaci usati in chemioterapia adiuvante (CMF) molto utili sono alcuni farmaci come Adriamicina ed Epirubicina che presentano però come effetti collaterali la caduta dei capelli (alopecia) e cardiotossicità a dosi elevate. Il trattamento chemioterapico è comunque indicato principalmente quando vi sono segni di ripresa della malattia.

Complicanze del trattamento chirurgico

Fra le varie complicanze merita di essere ricordata, per l’importanza che assume ed i problemi che pone, l’edema dell’arto superiore che può presentarsi dopo mastectomia radicale e che può arrivare a quadri di elenfantiasi dell’arto .
L’edema è legato alla difficoltà dello scarico linfatico dell’arto conseguente all’asportazione delle stazioni linfatiche ascellari. Il drenaggio linfatico del braccio migliora progressivamente, mano a mano che si vengono a costituire nuove vie di drenaggio. Le infezioni postoperatorie e ancor di più l’irradiazione postoperatoria contribuiscono all’aggravamento della situazione. Se la stasi non viene corretta al primo insorgere, la conseguente produzione connettivale fibrosa nel tessuto sottocutaneo, rende praticamente irreversibile il processo.
La prevenzione del «braccio grosso» è legata a tre condizioni fondamentali:
1) Mobilizzazione precoce e completa non solo del braccio ma anche della spalla (fin dalle prime ore dopo l’intervento).I movimenti, da eseguirsi per gradi, eventualmente nei primi giorni con l’aiuto del personale di assistenza, consistono in movimenti di abduzione e di rotazione intema ed esterna dell’omero e movimenti di elevazione e depressione della spalla. Tutto ciò si ottiene con semplici manovre quali: elevazione dell’arto e sua flessione fino a toccare con il palmo della mano la spalla opposta, passando dietro la testa; passaggio del braccio dietro la schiena fino a raggiungere il fianco opposto (come a voler mettere la mano in una tasca posta sul fianco opposto), questa ultima manovra va ripetuta facendo passare il braccio anteriormente.
2) Prevenzione delle ferite cutanee e soprattutto delle infezioni. La paziente deve essere avvertita del rischio che corre in caso di infezioni cutanee che possono essere causa di processi linfangitici con conseguenze disastrose per il suo braccio. Nel periodo postoperatorio vanno evitate le fleboclisi e le iniezioni endovenose sul braccio dal lato ammalato.
3) Fisioterapia, con tecniche appropriate di massaggio e drenaggio posturale. (La paziente deve evitare di mantenere a lungo l’arto abbandonato al fianco; quando sta seduta o riposa a letto l’arto va tenuto rialzato con un cuscino o altro appoggio, per favorire il drenaggio linfatico).
Altre complicanze da ricordare sono la suppurazione della ferita chirurgica, le raccolte linfatiche sottocutanee in sede di intervento e la recidiva locale della neoplasia. Quest’ultima complicanza può essere dovuta a incompleta rimozione del tumore o dei linfonodi od alla insufficiente asportazione di cute intorno al rumore o all’incompleta rimozione di linfatici infiltrati. Nelle forme localizzate la recidiva può essere rimossa chirurgicamente. Se le recidive sono multiple il miglior trattamento è quello radiante. Da sottolineare il fatto che la presenza di una recidiva locale non significa necessariamente la presenza di malattia metastatica diffusa.

 

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