Problematiche dell’embolia polmonare,dalla diagnosi alla cura.

0
(0)

Dalla figura si evidenziano i meccanismi che vengono attivati nella fase di formazione dell'embolia polmonareEMBOLIA POLMONARE:
■ È la ostruzione di un’arteria polmonare o di uno dei suoi rami di divisione da parte di un embolo; questo evento può produrre un infarto del polmone dovuto all’interruzione dell’irrorazione sanguigna (Fig. a lato). Cause più rare sono rappresentate da emboli gassosi o da emboli costituiti da materiale grasso (fratture ossee).
Nella maggior parte dei casi il trombo origina dalla coagulazione del sangue in una vena (trombosi venosa) degh arti inferiori o del piccolo bacino. Trombi possono anche originare dall’atrio destro del cuore. Le cause di embolia polmonare si confondono con le cause della trombosi venosa della grande circolazione; essendo conseguenze di quest’ultima possono pertanto distinguersi in:

 

 

 

 

1) chirurgiche (operazioni addomino-pelviche, toraciche, degh arti inferiori);
2) ostetriche (dopo parti e aborti);
3) mediche (soprattutto per malattie del cuore). La stasi della circolazione venosa, specialmente
nei casi in cui c’è stata una lesione dell’endotelio vasale, favorisce la coagulazione intravascolare. Quindi tutte le condizioni che inducono un rallentamento della circolazione possono produrre un trombo e la conseguente embolizzazione.

L’immobilizzazione dopo un intervento chirurgico, dopo un parto, ecc., rappresenta di per sè un fattore predisponente.
La sintomatologia dell’embolia polmonare dipende dalle dimensioni dell’embolo e dall’area polmonare irrorata dall’arteria occlusa. Un grosso embolo che occluda la biforcazione dell’arteria polmonare, può produrre un improvviso dolore retrosternale, grave dispnea, tachicardia,shock, collasso e morte. Le vene del collo possono apparire turgide a causa di un aumento pressorio nelle cavità destre del cuore. L’occlusione di uno o più rami dell’arteria polmonare può determinare un infarto del polmone. A seconda dell’estensione della zona colpita il paziente può presentare dispnea, dolore retrosternale, stanchezza e tachicardia, dolore pleurico, febbre, tosse, emottisi. Il quadro clinico può talora simulare una broncopolmonite, in altri casi compaiono invece i segni dello shock.
Piccoli emboli multipli possono localizzarsi nelle arteriole polmonari producendo piccoli infarti multipli con evoluzione in fibrosi polmonare.
Nella fase acuta, alcuni enzimi quali la transaminasi glutammico-ossalacetiche (G.O.T.) e la latticodeidrogenasi (L.D.H.) possono elevarsi e possono comparire alcune modificazioni all’elettrocardiogramma che dimostrano un sovraccarico del cuore dx. I segni radiografici sono molto variabili: si ricercherà l’opacità dovuta all’infarto polmonare che però non è evidente nelle fasi precoci e successivamente è spesso mascherata da un versamento pleurico. La conferma di un’embolia polmonare di solito si ha con la scintigrafia polmonare che dimostra la mancata perfusione di una zona più o meno estesa e con la angiografia polmonare che permette di localizzare la sede degli emboli.

Terapia

a) Misure preventive
Il trattamento ideale dell’embolia polmonare è la prevenzione. Lo sforzo maggiore deve essere rivolto a prevenire nei pazienti la stasi venosa mediante la deambulazione precoce e, qualora ciò non fosse realizzabile, mediante esercizi muscolari attivi e passivi degli arti inferiori. Mediante gli esercizi muscolari delle gambe, infatti, si ottiene un aumento del flusso venoso. In pazienti con predisposizione a rallentamento del ritorno venoso (per varici degli arti inferiori, o per presenza di fratture, o perchè policitemici o cardiopatici) gli arti inferiori possono venire avvolti da fasce elastiche per aumentare l’afflusso di sangue al circolo venoso profondo.
Cateteri intravenosi (per terapia parenterale o per misurare la pressione venosa centrale) non devono essere lasciati in sede per periodi troppo lunghi. Inoltre nei pazienti operati, in cui il rischio di emorragie è meno temibile del rischio di trombosi venose, è preferibile iniziare un trattamento anticoagulante profilattico (eparina, calcieparina, dicumarolici).

b) Trattamento d’urgenza

Il trattamento di urgenza dell’embolia polmonare consiste nel mettere il malato a riposo assoluto in posizione semiseduta e, se necessario, nel sedare il dolore e lo stato d’ansia (morfina). La digitalizzazione assicura un aumento della funzionalità cardiaca e soprattutto del ventricolo destro, sottoposto a superlavoro per l’aumento delle resistenze vascolari polmonari. Inoltre deve essere somministrato l’ossigeno, e iniziato il trattamento anticoagulante.

 

 

c) Gli anticoagulanti
Gli anticoagulanti sono i farmaci di scelta nel trattamento dell’embolia polmonare. Un aspetto importante dell’uso di questi farmaci è la prevenzione di ulteriori embolizzazioni. Il trombo infatti non è una formazione statica, ma si modifica continuamente e nuovi trombi possono formarsi sia nella sede di origine che nel polmone, sede di embolizzazione. Gli anticoagulanti sono somministrati, pertanto anche per prevenire le recidive e la diffusione della tromboemboha. L’eparina (il cui effetto compare dopo 15 min) è somministrata endovena.
Il dosaggio giornaliero dell’eparina (fino a 300-400 mg/die) deve essere regolato in base al tempo di tromboplastina parziale (PTT) il cui valore normale (25-35 secondi) deve essere raddoppiato.
In caso di emorragia si arresta la somministrazione di eparina; talvolta si rende necessaria la iniezione endovenosa di solfato di protamina che annulla l’azione dell’eparina.
Dopo 3-4 giorni di trattamento con eparina, la terapia anticoagulante può essere continuata con farmaci antivitamina K (Dicumarolici) che hanno il vantaggio di poter essere usati per via orale. Il loro effetto è più ritardato: si fa sentire infatti dopo 36-45 h. Il controllo dell’attività dei farmaci antivitamina K si fa mediante dosaggio del tasso di protrombina che deve essere mantenuto tra il 20 e il 30% (valore normale 50-100%). In caso di emorragia si arresta il trattamento e si somministra vitamina K per via endovenosa.
La durata del trattamento anticoagulante per un’embolia polmonare va da 6 settimane a due mesi.

In associazione agli anticoagulanti possono essere usati farmaci che dissolvono i trombi: fibri-nolitici. L’urochinasi e la streptochinasi sono en zimi attivatori utihzzabili a tale scopo.
Recentemente incoraggianti risultati si sono ottenuti utilizzando, per la prevenzione di ulteriori embolizzazioni, il destrano e i sahcilati (aspirina) che riducono l’aggregazione delle piastrine.

d) Interventi chirurgici
Se il paziente persiste in una condizione di ipotensione, shock e difficoltà respiratoria e se l’an-giopneumografia rivela la presenza di un embolo che occlude una grossa parte di un ramo principale dell’arteria polmonare può essere indicata l’embolectomia. Mediante una metodica che utilizza fini cateteri introdotti da una vena periferica del braccio si può tentare la rottura degli emboli. Altrimenti l’embolectomia dell’arteria polmonare richiede un intervento cardiochirurgico d’urgenza utilizzando la circolazione extracorporea.
Un altro approccio chirurgico nella terapia dell’embolia polmonare, quando gli emboli si riformano malgrado una adeguata terapia anticoagulante, è la interruzione della vena cava inferiore Mediante questo intervento si previene il passaggio di trombi dalla sede di origine (vena degli arti inferiori o piccolo bacino) ai polmoni.
L’interruzione della vena cava può essere ottenuta mediante la legatura totale del vaso a livello addominale meglio mediante l’applicazione al suo interno di un filtro in teflon che trasforma il lume della vena cava in piccoli canali e arresta gli emboli senza interrompere completamente il flusso ematico.

Come ti è sembrato questo post?

Clicca una stella per votare!

media voti 0 / 5. Vote count: 0

Ancora nessun voto! Vuoi essere il primo?